31 gennaio 2016

Bisse veneziane per la Settimana della cucina ebraica


Si conclude oggi la Settimana della cucina ebraica del Calendario del Cibo Italiano: ce ne ha parlato ampiamente e dettagliamente Anna Maria nel suo articolo pubblicato sul sito Aifb.
Per me, a digiuno completo riguardo usi e tradizioni riguardo la cultura ebraica, è stato veramente interessante leggere la ricerca accurata fatta da Anna Maria, scoprire quanto profondamente il loro credo influisca su ogni momento del quotidiano, e soprattutto quante regole (che a noi paiono inimagginabili restrizioni) alimentari sono tuttora imprescindibili e fedeli a quanto scritto nella Torah.

La tavola viene vista come un altare e le regole che normano la preparazione di un pasto, unitamente a tutte le regole che normano la quotidianità, concorrono a costruire una guida per l’esistenza con modelli di comportamento che, se osservati, porteranno alla qedushah, la perfezione, la santità. Un’aspirazione raggiungibile da ogni singolo membro della comunità (dalla Settimana della cucina ebraica del Calendario del Cibo Italiano).

Della comunità ebraica veneziana e della sua cucina ce ne parla anche Alex in questo suo post, accennando a quanto la cucina lagunare abbia attinto dalle usanze gastronomiche ebraiche.
E in questo post si pò fare un giro goloso virtuale dei dolci ebraici in vendita nelle calli del ghetto veneziano.

Volevo fare una challah, la caratteristica treccia di pane dei giorni di festa, ma il tempo è tiranno, e così mi sono accontentata di questi semplici biscotti, che per tradizione vengono fatti per la festa di Pesach, la Pasqua ebraica.
Questa festività dura otto giorni, e per l'intero periodo bisogna osseervari due comandamenti: cibarsi di matzah (pane non lievitato) e non consumare alcun cibo contenente lievito. Pare che questa usanza sia derivata a ricordo del pane consumato dagli Ebrei durante l'Esodo: durante la fuga, infatti, non ebbero il tempo di far lievitare il pane.
Prima che inizi la Pesach, si eliminano dalle case ogni traccia di lievito e ogni cibo che lo contenga.

Ricetta originale qui.



bisse veneziane



Ingredienti:

500 g di farina 0
200 g di zucchero semolato
50 g di zucchero di canna
100/120 ml di olio di semi di girasole
(spremuto a freddo)
3 uova
la buccia grattugiata di un limone biologico



In una ciotola mescolare la farina con lo zucchero e fare la fontana.
Versare al centro le uova leggermente sbattute e la buccia del limone.Iniziare a prendere un po' di farina alla volta con la forchetta, aggiungendo anche l'olio a filo. Quando i liquidi sono stati assorbiti, trasferire il composto sul piano di lavoro ed impastare con le mani, fino ad ottenere un impasto omogeneo e liscio. Formare una palla, avvolgere nella pellicola e trasferire in frigo a riposare per mezzora.


facendo bisse veneziane



Dividere poi l'impasto in tanti pezzetti di circa 30 g cadauno, quindi col palmo delle mani formare con ogni pezzo un rotolino di 20/25 cm di lunghezza e dargli la forma a S.
Sistemare i biscotti su una teglia ricoperta di carta da forno e cuocere a 160° per circa 20 minuti.
Sfornare e lasciare raffreddare su una griglia.

Mi sono venuti un pochino troppo duri (anche se spezzettati nel latte caldo trovano buona accoglienza), secondo me 12/15 minuti di cottura sono più che sufficienti per la dimensione dei rotolini fatti. Li ripeterò e aggiusterò il tempo di cottura.


30 gennaio 2016

Calamari ripieni di Alida per la GN dei Calamari Ripieni del Calendario del Cibo Italiano


E' già quasi finito il primo mese del Calendario del Cibo Italiano, letteralmente volato direi, e sempre più speditamante.
Questa penultima giornata di gennaio celebra la Giornata Nazionale dei calamari ripieni e a raccontarci le particolarità di questo mollusco sul sito Aifb è la socia Claudia.



Totano-Todarodes sagittatus
Calamaro-Loligo vulgaris


Totano o calamaro
Spesso confusi, da noi comuni mortali.
Comunque entrambi più maestosi se li chiamiamo col loro nome latino: Todarodes sagittatus e Loligo vulgaris.
Entrambi molluschi cefalopodi, ma appartenenti a due famiglie diverse.
Entrambi con un mantello che ricopre l'intero corpo, lasciando fuori solo la testa e i tentacoli: 10 per entrambi (più sottili quelli del calamaro), con due più lunghi e forniti di più ventose per aiutarli nella caccia al cibo, quelli del totano provvisti anche di uncini.
Entrambi con due pinne laterali che partono dalla coda, arrivando nel calamaro fino a metà corpo, mentre nel totano sono più piccole e si sviluppano solo sulla coda.
Entrambi provvisti di una sacca contenente l'inchiostro (blu scuro), che secernono se disturbati e in caso di pericolo.
Il totano ha un colore rosa violaceo più accentuato.
Quale che sia il più pregiato è solo una questione di gusti, come ci racconta nel suo articolo la dott. Tepedino, sostenendo che è la domanda di mercato che crea il prezzo: più si richiede il calamaro e più questo costerà :-)
Per saperne di più: qui e qui.

L'anno scorso ho partecipato ad un corso con Alida e Franco alle Tamerici.
Alida&Franco sono due coniugi che hanno la fortuna di abitare a Levanzo, la più piccola delle isole Egadi, ad ovest della Sicilia, praticamente nel pezzo di mare compreso tra Marsala e Trapani.
Hanno una barca, di nome Viola, con la quale scorazzano i turisti (e gli amici) durante la stagione estiva, facendo loro scoprire luoghi di una bellezza incomparabile.
Franco è addetto alla guida della barca e alla pesca, Alida prepara nella cucina di bordo quallo che offre il pescato della giornata.
Dalle foto che pubblicano sulla loro pagina Facebook si può (quasi) vivere appieno una vacanza con loro: provate a seguirli, vi verrà immediamente voglia di fare un giro sulla Viola la prossima estate!
Paola (delle Tamerici) li conosce da qualche anno e trascorre le sue vacanze estive insieme a loro, raccontandoci poi al ritorno le prelibatezze mangiate e gli angoli turchini visitati.
Così li ha invitati alla sua scuola di cucina: un corso speciale, col pesce pescato personalmente da Franco, congelato espressamente per la lezione e poi portato fino a Mantova dopo un breve volo in alta quota, opportunamente conservato in una valigia termica che ha passato indenne i controlli doganali :-)
Ce lo faceva annusare, prima di ucinarlo, per farci sentire ancora (ed apprezzare) il profumo del mare che non se ne voleva andare!
Un pesce prelibato, a km. 1000, ma assolutamente genuino e (quasi) introvabile quassù.



calamaro ripieno


Ingredienti: 

1 kg di calamari freschi
200 g di mollica di pane raffermo
40 g di uvetta, ammollata e strizzata
40 g di pinoli, leggermente tostati
prezzemolo tritato
un paio di foglie di alloro
uno spicchio di aglio rosso di Nubia
olio extravergine di oliva
sale/pepe
un albume di uovo
il succo di un'arancia
peperoncino


calamari ripieni


Pulire e lavare bene i calamari, tenendo da parte i tentacoli.

Ma come si pulisce un calamaro?
Franco ce lo fa vedere in questo video per l'estrazione delicata del corpo dal mantello e lo ripete qui. Passa poi alla pulizia interna, levando la sacca di inchiostro (che dimostra se il mollusco è stato congelato o no),  le interiora e gli occhi, ed anche la bocca, (anche se laggiù la mangiano), ed infine leva la cartilagine del mantello.

In una terrina mettere la mollica del pane tritata finissima, il prezzemolo, l'aglio schiacciato con l'apposito utensile, l'albume, i pinoli. Salare e pepare.
Unire anche l'olio a filo ed amalgamare bene gli ingredienti, impastando anche con la mano.
La quantità di olio dipende dall'impasto, ed è abbastanza soggettiva, deve risultare comunque un composto morbido (si vede meglio la consistenza nel video).
Riempire ogni calamaro, schiacciando l'impasto fino in fondo e fermandosi a un paio di centimetri dal bordo, perchè in cottura tenderanno a gonfiare e se sono troppo pieni poi scoppiano. Chiudere ogni mollusco con uno stuzzicadente.

Qui il video di Alida che farcisce i calamari e qui li chiude.


facendo calamari ripieni


Riscaldare un po' di olio in una grande padella con l'alloro e il peperoncino, soffriggere i calamari ripieni, dopo qualche minuto aggiungere anche i tentacoli. Sfumare col succo di arancia e cuocere col coperchio per circa 10 minuti.
A fine cottura, aspettare qualche minuto, poi affettare i calamari e servire col loro sughetto.

Si possono fare anche con un sugo rosso di pomodoro, tralasciando l'arancia e sfumando con un bicchiere di vino bianco. Una volta evaporato l'alcool, si unisce 300/400 g di polpa di pomodoro e si lascia cuocere come sopra.

28 gennaio 2016

Pavlova per la Nuova Zelanda


Continua spedito il viaggio dell'Abbecedario Culinario Mondiale, e fino a domenica 31 gennaio siamo ancora ospiti di Monia in Nuova Zelanda.
Non ci sono mi stata, ma è una terra che mi attira moltissimo.
Un paio di anni fa Michele ha trascorso quasi un mese a Queenstown, nella regione di Otago, che si affaccia sul Lago Wakatipu. Era in compagnia di amici sciatori professionisti come lui, ed hanno abbandonato il nostro caldo sole d'agosto per riuscire a fare dei validi allenamenti dall'altra parte della terra nell'emisfero australe.
Le immagini parlano da sole.


lake wakatipu
Lake Wakatipu

Senza titolo
Coronet Peak

Senza titolo


Senza titolo
on the top

Non ho avuto tempo di documentarmi per questo giro dell'Abbecedario, però mi spiaceva non portare nulla a Monia e così rispolvero una mia prima Pavlova fatta ad un compleanno di casa qualche anno fa.

C'è una sorta di polemica tra Australia e Nuova Zelanda circa la paternità di questo dolce, dedicato ad Anna Pavlova, rivendicata da entrambe le nazioni e scelto come dolce nazionale di entrambe
La Nuova Zelanda sostiene che il dolce sia stato inventato quando la ballerina si fermò a Wellington durante il suo tour mondiale nel 1926. L'Australia sostiene che l'inventore fosse uno chef di Perth che dedicò questo dolce alla ballerina nel 1929 , sempre in occasione del suo tour. Comunque sia, la grande ballerina ha conquistato i cuori e i palati di più chefs, che ancora le rendono onore in ogni Pavlova offerta!
Qui, per i più golosi, una versione anche al cioccolato.


pavlova


Ingredienti:

un disco di meringa di circa 20/24cm di diametro
(fatta con 100 g di albumi, 100 g di zucchero semolato e 100 g di zucchero a velo)
300 ml di panna fresca da montare
frutta fresca a piacere
(fragole, fragoline di bosco, lamponi, pesca, kiwi e qualche fetta di carambola per guarnire)
menta fresca

per la crema:
3 frutti della passione
150g di zucchero semolato
50g di burro
2 uova
il succo di 1/2 limone


pavlova



Preparare la meringa come da ricetta e stenderla con una spatola a cerchio sulla teglia del forno ricoperta di carta forno. Con il composto avanzato fare delle piccole meringhette per decorazione. Cuocere come da ricetta.

Crema: tagliare i frutto della passione a metà e con un cucchiaino prelevare la polpa, metterla in una bacinella con le uova, il burro a tocchetti, lo zucchero e il succo del limone.
Cuocere a bagnomaria per circa 20 minuti, girandola spesso con una frusta in modo che non faccia grumi e addensi bene (se troppo aggiungere un goccio di acqua).
Filtrare con un colino e farla raffreddare bene.

Preparare la frutta tagliata, spruzzarla con qualche goccia di limone e qualche granello di zucchero. Montare la panna ben fredda con lo zucchero a velo. 
Comporre la torta mettendo il disco di meringa su un piatto da portata o un'alzatina, stenderci sopra la panna montata, disporre con garbo la frutta, qualche cucchiaiata di crema e guarnire con qualche fogliolina di menta fresca. Completare il bordo, volendo, con altra frutta e meringhette, e servire con la crema avanzata a parte.


pavlova



Si può optare per dei dischi di meringa piccoli monodose e servire la meringata in coppe singole.

26 gennaio 2016

Come fare i bigoli in casa per la GN dei Bigoli in salsa del Calendario del Cibo Italiano


Oggi si celebra la Giornata Nazionale dei Bigoli in Salsa, di cui Lara è ambasciatrice, per il Calendario del Cibo Italiano, il grande progetto dell'Associazione Italiana Food Blogger, partito il primo gennaio e che si svilupperà per tutto il 2016 attraverso 366 Giornata Nazionali e 52 Settimane, ognuna delle quali approfondirà un tema diverso in ambito gastronomico. Ogni info su come partecipare e l'elenco completo delle Giornate/Settimane a venire, coi relativi Ambasciatori, qui.

I bigoli sono un formato molto popolare in Veneto per la pasta fresca, originariamente nati dall'impasto di farina, acqua e sale, oggigiorno prodotto spesso con l'aggiunta di uova.
E' una pasta lunga simile ad un grosso spaghetto, di antiche origini contadine, caratterizzata da una particolare ruvidità che consente di avvolgere più sugo possibile, data dalla particolare trafila che li forma. Un tempo, ogni famiglia provvedeva alla propria produzione di bigoli ed aveva in casa il torchio, lo strumento necessario per farli, chiamato appunto bigolaro. Pare sia stato inventato a Padova nel '600 da un certo signor Abbondanza, che riuscì ad ottenerne il brevetto dal Consiglio Comunale dell'epoca.
E in rete ho trovato anche un signor Man Gio che se l'è costruito da solo, per portare avanti le tradizioni pastare della sua nonna.
In primavera sono numerose le sagre che si tengono in svariati paesi in onore dei bigoi al torcio.
La soddisfazione nel farli in casa è grande, ma non avendo l'apposito attrezzo si possono comprare in un pastificio di fiducia, ce ne sono di ottimi in ogni paese.
Io mi sono affidata all'aiuto della mia amica Paola, che ha il torchio Kenwood, ed una mattina si è prestata gentilmente alla produzione di bigoli per fare questa ricetta.


Bigoli per 4 persone

 
bigoli fatti in casa


400 g di farina, di cui 35% di semola rimacinata e 65% di farina 0
3 uova medie intere
un cucchiaino di olio extravergine di oliva
un cucchiaino scarso di sale fino
20 ml di acqua a temperatura ambiente


bigoli fatti in casa



Mescolare bene le farine, unire il sale ed iniziare ad impastare (a velocità bassa se si usa un'impastatrice e con la frusta a k) unendo l'acqua, le uova appena sbattute (non troppo, altrimenti fanno schiuma) e l'olio, fino ad ottenere un composto sodo.
Attaccare l'accessorio torchio all'impastatrice e sempre a velocità bassa mettere piccoli pezzi di pasta alla volta, schiacciando nel condotto con l'apposita spatola.
Tagliare i bigoli della lunghezza desiderata e metterli a seccare sulle apposite gratelle ben distanziati tra loro.
Cuocere in abbondante acqua salata e condire a piacere.

25 gennaio 2016

Soupe Joumou, la zuppa della libertà per l'MTC#53


English recipe here

Quando si dice ... le fatalità.

Ricevo la newsletter di Progetto Mondo Mlal, una onlus veronese a cui ho aderito e collaborato anni fa (e con me altre amiche blogger, tra cui anche fanatiche Mtc) e uno degli articoli parla di una zuppa di zucca liberatoria.
Zuppa che viene servita ad Haiti il 1 gennaio per celebrare una determinante vittoria sui coloni francesi e la conseguente indipendenza.
Zuppa di zucca che io adoro e quasi sempre utilizzo nelle mie zuppe.
Zuppe e minestroni che è appunto la sfida di questo Mtc#53, lanciata da Vittoria, e proprio nel mese di gennaio.
E Soupe Joumeou che è nominata nel giro del mondo in 25 zuppe, ma non assegnata nelle (in)solite zuppe del mese.
Potevo esimermi dal provarla?
E' stato amore a prima vista, o meglio una deliberativa macchinazione, quasi un raggiro internettiano a mio goloso scapito.

Ogni volta che gustate una minestra di zucca, anche senza saperlo, state assaporando la libertà. Ad Haiti, portare in tavola una minestra di zucca il primo gennaio, equivale  a una presa di posizione precisa, significa infatti dire no alla schiavitù, al razzismo e ai pregiudizi (da Progetto Mondo Mlal).

Haiti comprende la parte occidentale dell'isola di Hispaniola, confinando a est con la Repubblica Dominicana.
E' stata la seconda nazione delle Americhe a dichiarare la propria indipendenza, dopo gli Stati Uniti, ma è oggigiorno il paese più povero delle Americhe.
L'isola di Hispaniola vede il primo europeo calpestare il suo suolo nel 1492, quando vi sbarca Cristoforo Colombo.
A quel tempo l'isola era abitata dai Tainos, un'etnia degli Arawak, popolazione indigena delle regioni centromeridionali dell'America meridionale, che vi aveva preso possesso qualche millennio prima.
Purtroppo, in pochi decenni la cattiva gestione europea non li risparmia dai maltrattamenti subiti e dalle malattie portate dal continente.
Nasce perciò l'esigenza degli spagnoli di trovare altri schiavi da sottomettere, e li portano per la prima volta dall'Africa nel 1520, impiegati soprattutto nella ricerca dell'oro (anche se ben presto si perde l'interesse per questo metallo prezioso quando se ne scoprono enormi giacimenti in Perù e in Messico). 
Anche i francesi cominciano a colonizzare l'isola dopo il 1600 e nel 1697, col trattato di Ryswick, la Spagna ufficializza il possesso francese della parte occidentale dell'isola, Santo Domingo. 
I francesi sanno bene far rifiorire economicamente l'isola, soprattutto con le esportazioni di zucchero e cacao. Abissale la diversità numerica della popolazione in quegli anni: quasi una parità tra europei e la gens de couleur (persone libere e di sangue misto, i mulatti, ma di status inferiore agli europei), anche se leggermente superiori i primi, e gli schiavi, quasi 20 volte superiore, con la maggior parte di nascita africana.
Anche le prime notizie della Rivoluzione Francese arrivano sull'isola, la gens de couleur inizia a fare pressioni per ottenere più diritti, i primi schiavi cominciano a ribellarsi. Toussaint Louverture, a capo degli schiavi, si allea con la gens de couleur e nel 1794 il governo francese abolisce la schiavitù.
Ma arriva l'esercito di Napoleone.
Gli isolani temono la sua ingordigia militaresca e hanno paura venga reintrodotta la schiavitù. Touissant viene catturato e imprigionato, ma i ribelli non si perdono d'animo.
E il 18 novembre 1803, a Vertières, poco distante da Cap-Haitien, a nord di Santo Domingo, si consuma una battaglia sanguinosa, ma determinante per la storia degli haitiani.
Da una parte il generale Rochambeau a comando delle truppe napoleoniche, dall'altra il generale Jean-Jacques Dessalines, nato schiavo, a capo delle truppe indipendentiste.
E i ribelli hanno (fortunatamente) la meglio. 
Il 1 gennaio 1804 Dessalines firma ufficialmente l'Atto dell’Indipendenza della Repubblica di Haiti, finalmente libera dai coloni francesi.
Pare che proprio nel suo discorso Dessalines, nominato primo presidente della neo repubblica, abbia incitato la popolazione a festeggiare tale giornata con la soupe joumou, zuppa che fino a quel giorno era una pietanza permessa solo ai coloni e alle persone libere (Haiti su wikipedia).


E' evidente come ben presto questa zuppa sia diventata sinonimo di libertà ed indipendenza, avendo cancellato definitivamente la schiavitù.

Di contro, la parola Vertières, è addirittura scomparsa dai dizionari francesi. Cercate pure nei vocabolari Larousse, Reverso, ecc., e non la troverete. Come se la battaglia di Vertières non avesse mai avuto luogo (da Progetto Mondo Mlal).

Ho controllato, avendo appena acquistato ad un mercatino francese il Nouveau Larousse Universel, edizione 1949: la parola Vertières non è riportata, mentre Waterloo sì, per esempio.



soupe joumou



Errore grossolano: ne ho fatta mezza dose, non sapendo se avrei poi incontrato i favori dei miei uomini, sempre un pochino restii alle zuppe di default (ma che poi mangiano consenzienti sa non vogliono saltar dalla finestra … che comunque, a livello giardino, poco gli frega), in questo caso un tutt'uno con la carne, che adorano, ma modello bisteccona sanguinolenta da soddisfazione al taglio … aggiungiamo che per farmi ulteriormente del male, avevo esordito con questa è una preparazione tipica haitiana a cui avrei voluto far seguire la storia (raccontata però in seguito) ma immediatamente tacciata con la laconica campanilistica risposta con tutte le cose buone italiane una cosa oltreoceano ci devi proporre? ... e alla seconda cucchiaiata: osti, che bona!
ahhh, bon Dieu de la France! ... è proprio il caso di dirlo!

Ho cotto la zuppa in una cocotte in ghisa smaltata vintage Le Creuset che trovo agli incredibili e sorprendenti mercatini francesi, e di cui sto facendo collezione: opportunamente lavate e rigenerate (ma devo dire che le trovo quasi sempre in ottime condizioni), mi piace cucinare in queste pentole d'antan, che chissà quali altre zuppe avranno pippato, quali altre tavole avranno abbellito con la loro presenza vivace, quante altre persone avranno deliziato con una gustosa pietanza fumante.

Ricetta da Saveur.

Per 8/10 persone:

per la marinata:
2 spicchi d'aglio
2 scalogni
prezzemolo
timo fresco
1 peperoncino fresco *
il succo di un lime

mezzo kg di carne tenera di manzo (o pollo)

per la zuppa:
brodo di carne
2 carote
2 gambi di sedano
1 piccolo porro
1 piccola cipolla dorata
1 grossa patata
1 rapa (o sedano rapa) media
mezzo piccolo cavolo cappuccio
mezza zucca piccola **
olio extravergine di oliva
sale/pepe

* non avevo il peperoncino fresco e ho usato quello secco, direttamente nella zuppa

** ho abbondato con la zucca, era inevitabile :-)


soupe joumou



Frullare insieme gli ingredienti della marinata e sistemare il composto in una ciotola, aggiungere la carne tagliata a pezzetti piccoli, mescolare bene e coprire. Lasciare marinare almeno 4 ore, meglio se tutta la notte, in frigorifero.
Rimuovere la carne dalla marinata e tamponare delicatamente con carta da cucina (io non l'ho fatto) e mettere da parte. 
Scaldare l'olio in una casseruola a fuoco medio/alto, aggiungere la carne e lasciare dorare: la carne rilascerà i suoi liquidi, quindi cuocere finchè saranno evaporati, circa 10 minuti per il manzo. Aggiungere poi il brodo caldo, portare a ebollizione, abbassare la fiamma al minimo e cuocere, mescolando di tanto in tanto, finchè la carne sarà tenera, anche un'ora abbondante (dipende dalla grandezza dei pezzetti di carne, per il pollo ci vorrà meno tempo). 
Nel frattempo mondare, lavare e tagliare le verdure.
Aggiungere alla zuppa le carote, il sedano, il porro, la cipolla, la patata, la rapa e il cavolo: cuocere, a pentola semi-coperta e fiamma bassa, mescolando di tanto in tanto, finchè tenere, 20/30 minuti.
A parte cuocere la zucca tagliata a pezzetti, in acqua sufficiente a ricoprirla, a calore medio/basso e coperta, finchè tenera, circa 10/15 minuti (se necessario aggiungere ancora un filo di acqua). Quindi ridurla a purea col dorso di una forchetta.
Quando le verdure saranno pronte, aggiungere la zucca e cuocere, mescolando di tanto in tanto, fino a quando la zuppa si raddensa leggermente.
Condire con sale e pepe e servire con scalogno e spicchi di lime (dimenticati).



Qui l'elenco degli sfidanti

23 gennaio 2016

Sarde in Saor per il Calendario del Cibo Italiano


Oggi il Calendario del Cibo Italiano festeggia la Giornata Nazionale delle Sarde in Saor, e ce la illustra Marianna nel suo articolo sul sito Aifb.

Per quanto riguarda alici e sarde, non amo istintivamente questi pesciolini azzurri, probabilmente anche per la loro taglia minuta, le ho sempre comprate per Tito (figlio n. 5) che invece le adora ... fritte per lui, come esca quando va a palamito con Mario :-).
Però c'è una ricetta veneta che mi ha sempre incuriosito e che non avevo mai provato, le sarde in saor, usando quelle di lago nei paesi che si affacciano sul Garda, optando per quelle di mare nella zona costiera dell'Adriatico.
Ma cosa è il Saor?
Riporto la citazione di Wikipedia, semplice e concisa, per averne un'idea veloce, ma è interessante leggere quest' articolo per approfondire le origini e le caratteristiche di questa preparazione e dei suoi ingredienti (ognuno con un preciso ruolo gustativo ed olfattivo) considerata un'istituzione storica della vita veneziana, sia essa popolare che nobile.

Il Saor era il metodo di conservazione che usavano i pescatori veneziani i quali avevano l'esigenza di tenere il cibo a bordo per molto tempo o comunque il più a lungo possibile. Una volta cotte le cipolle con aceto e olio, si posavano a strati intermezzati da sarde fritte in contenitori di terracotta. Col passare del tempo la ricetta ha acquisito tonalità gustative più aristocratiche; fu aggiunta infatti l'uva sultanina che serviva a favorire la digestione e ad addolcire bocca e alito dei suoi degustatori, con risvolti relazionali comprensibili. La ricetta moderna prevede anche i pinoli. Visto che i pescatori mangiavano le sarde in saor dopo che era passato molto tempo dal momento della loro preparazione, assaporavano le tonalità di gusto e aroma del prodotto non più fresco; quello rimase però il loro colore gustativo "vero". Per questo motivo, ancora oggi, quando si preparano le sarde in saor, è buona norma consumarle almeno dopo un giorno di assestamento.

filetti di sarde



Solo una piccola precisazione: l'impatto visivo è più colorato del consueto perchè, nonostante l'uso delle cipolle bianche (che tali dovrebbero rimanere anche dopo la cottura), l'aggiunta poi di succo di mela concentrato (scurissimo :-) e di aceto di mele (ambrato) rende tutta la preparazione più dorata, ma non per questo meno gustosa.
La nota positiva è che si può fare un ottimo condimento agrodolce utilizzando il succo di mele concentrato al posto dello zucchero :-).

In pescheria si trovano i filetti già pronti, puliti e disliscati, un lavoro noioso in meno da fare :-)


sarde in saor


Per 3/4 persone:

7/8 sardine, già pulite 
3 cipolle, bianche o dorate
aceto di mele
succo di mela concentrato
uvetta jumbo
pinoli, leggermente tostati
 sale
olio extravergine di oliva del Garda


sarde in saor


Affettare le cipolle finemente, farle rosolare brevemente in un pochino di olio e poi stufarle dapprima aggiungendo due dita di acqua (fiamma media), poi quando l'acqua è evaporata aggiungere mezzo bicchiere di succo di mela e mezzo di aceto. Le cipolle devono appassire completamente e il liquido restringersi fino a un terzo. Verso la fine aggiungere una manciata di uvetta precedentemente ammollata in acqua tiepida e strizzata bene. Salare il necessario.
Nel frattempo infarinare i filetti di sarde (ho preferito tagliarli a metà ed eliminare la pelle, viene via facilmente, per accelerare il tempo di frittura) e friggerle nell'olio (giusto il tempo che si dorino da entrambi i lati, pochissimi minuti davvero). Scolare bene su carta da cucina.
In una pirofila sistemare le sarde e le cipolle a strati, terminando con queste ultime, aggiungendo qualche pinolo (nelle mie non ci sono perchè in dispensa ho avuto la triste sorpresa che era passato un furbetto goloso prima di me :-).
Sigillar bene con pellicola e riporre al fresco per un giorno prima di degustarle.
Vanno comunque servite a temperatura ambiente.

20 gennaio 2016

Minestra di cazzarielli per l'MTC#53


Prima volta per me all'MTC Challenge, forse la sfida più intrigante, istruttiva e seguita del web.
Per la prima sfida del primo mese di questo nuovo 2016, Vittoria ha proposto un tema molto confortante e, con la gelida ondata di freddo che si è abbattuta in questi giorni nel nostro paese, assolutamente di stagione: minestroni e zuppe.
Sono arrivata tardi, ma ora spero di aver capito come funziona, per accapparrarmi un'(in)solita e foresta zuppa, ma mi sono consolata con l'interessante giro del mondo in 25 zuppe, accompagnata dal racconto puntiglioso di Acquaviva e dalla simpatica infografica di Daniela.

I miei zii e cugini preferiti abitano a Salerno, e in gioventù affittavano sempre una casa per la stagione invernale a Roccaraso. Abbiamo trascorso anche noi una vacanza natalizia laggiù, indimenticabile! Il mio babbo, sempre pronto a nuove avventure e desideroso di provare il suo nuovo camper americano in tenuta invernale (era un camper strafavoloso, gemellato, con frigo e freezer di non so quanti litri, forno, vasca da bagno, insomma ... un'americanata trasferita in Italia, e per gli anni '80 era proprio una chicca :-), ci ha caricati e portati giù ... ricordo ancora il pezzo di autostrada nella Val di Sangro con i viadotti a strapiombo, il buio, un ventaccio tremendo e una fifa paurosa!
Ricordo anche le ghiotte scorpacciate di focacce deliziose e i botti e gli scoppi dell'ultimo dell'anno fino alle 4 di mattina: altro che guerra in Libano (all'epoca, ancora in atto), sembrava di avere cecchini ad ogni angolo di strada e ad ogni finestra, una sparatoria infinita! Una vacanza memorabile, con tante risate ed allegria, ne porterò sempre un ricordo affettuoso, di persone care e speciali intorno a me.
Ma cosa c'entra con la zuppa? All'epoca non l'avevo mangiata, ma in una delle mie ultime visite parentali a Salerno, mia cugina portò in tavola una cocotte, che nascondeva la zuppa fumante: quale delizia, forse resa ancora più buona dai momenti trascorsi insieme che cominciammo a ricordare, commuovendoci ancora per le gag goffe del mio babbo e quelle più spanciose della mia cara zia.


zuppa di cazzarielli



La ricetta viene dal foglietto accluso alla confezione di cazzarielli che mia cugina aveva usato, proveniente dall'Alimentari D'Altorio di Roccaraso.
Sono le ricette che piacciono a me, perchè non portano quantità precise, riportano il famigerato q.b. per ogni singolo ingrediente, e lasciano quindi libertà di dosare a proprio gradimento, e con questi tipi di pietanze ce lo si può permettere.
Ne risulta una zuppa a propria immagine e somiglianza, più o meno brodosa come più gusta al cuciniere.


Ingredienti:

aglio
pancetta
fagioli borlotti
verza
brodo vegetale o fatto col dado homemade
peperoncino piccante
olio extravergine di oliva

per i cazzarielli: 
300 g di semola rimacinata di grano duro 
200 g circa di acqua a temperatura ambiente


Fagioli: se si usano quelli secchi, metterli a bagno in acqua a temparatura ambiente la sera prima, quindi scolarli, risciacquarli e cuocerli in acqua (partendo a freddo) con qualche ago di rosmarino e una foglia di salvia, a bollore minimo e semicoperti. Prelevare poi con un ramaiolo a buchi la quantità necessaria. per quelli freschi passare direttamente alla cottura, dopo averli sgusciati e risciacquati. 
Si possono cuocere in pentola a pressione per velocizzare la procedura.

Verza: pulire e lavare la verza, cuocere le foglie in acqua leggermente salata (non troppo abbondante) finchè abbastanza tenere.


cazzarielli


Cazzarielli: sulla spianatoia fare la classica fontana con la semola, versare l'acqua al centro ed impastare fino ad ottenere un composto liscio ed omogeneo, se necessario aggiungere ancora un cucchiaio di acqua o semola. Formare una palla e lasciare riposare mezzoretta, coperta da una ciotola. Prendere un pezzo di impasto alla volta, formare un rotolino e ritagliare dei tocchetti di pasta di un centimetro. Disporli su un telo spolverato di semola.
Ho trovato in rete la ricetta di Adele che li impasta con l'acqua bollente, li fa più grandi e li passa sul retro di una grattugia come gli gnocchi.
Questa pasta ha questo nome strano, che ho trovato scritto anche cazzarelli, forse per italianizzarlo, perchè sono una specie di gnocchi molto piccoli, delle cosine da nulla, dei cazzarielli appunto, ... ci siamo capiti? :-)


zuppa di cazzarielli


Zuppa: soffriggere l'aglio spremuto con la pancetta in qualche cucchiaio di olio, aggiungere il pomodoro e il peperoncino piccante (fresco o secco, a piacere), lasciare insaporire.
Unire poi i fagioli scolati e la verza cotta tagliuzzata. Coprire col brodo e sobollire per 5 minuti.
A parte cuocere i cazzarielli per circa 10 minuti in abbondante acqua salata, quindi unirli alla zuppa e lasciare cuocere ancora 20 minuti a fuoco basso. Se necessario, allungare ancora con del brodo.



Qui l'elenco degli sfidanti

18 gennaio 2016

Faraona speziata all'arancia per la Settimana degli Agrumi del Calendario Italiano del Cibo


English recipe here

Oggi inizia la terza settimana del Calendario del Cibo Italiano, ce la introduce Aurelia nel suo articolo dedicato alla Settimana degli Agrumi.
Ci sarà tempo fino alla mezzanotte del 24 gennaio per postare una ricetta che contempli uno di questi frutti, lasciando poi il link nei commenti all'articolo di presentazione.

Sono molto amante delle spezie, che spesso aggiungo anche alle nostre pietanze più tradizionali, tipo il ragù, per dare quel piccolo tocco particolare, senza esagerare, però, per non stravolgere la vera identità del piatto.
Nei miei pellegrinaggi gastronomici non perdo mai una visita all'angolo aromatico e la mia dispensa profuma sempre di aromi orientaleggianti e così penetranti da invogliano la sniffata più pura da ogni vasetto!
Mettiamo anche che all'Esselunga vendono una buonissima faraona già porzionata, che rende più facile e veloce la cottura ed è così subito pronta da servire a tavola.
Mettiamo poi una cocotte che fa tutto da sola e non sbaglia una cottura arrosto.
Ecco che uno dei miei secondi di carne preferito è presto fatto, e senza tanta fatica.


faraona speziata all'arancia


Ingredienti:

una faraona a pezzi
olio extravergine di oliva
sale/pepe
(a dire il vero poco poco sale, sono le spezie che insaporiscono)
il succo di un'arancia
qualche fettina di arancia biologica
un rametto di rosmarino
mezzo cucchiaino da tè di: 
coriandolo in polvere, curry leggero, fenugreek,
paprika dolce, curcuma
una cocotte da forno


faraona speziata all'arancia-whb269



Mettere mezzo bicchiere scarso di olio nella pentola, adagiare i pezzi della faraona e cospargerli con una bella macinata di pepe fresco e pochissimo sale.
In una ciotolina amalgamare le spezie e distribuire il composto sulla faraona, aggiungere il rametto di rosmarino spezzato e le fettine di arancia.
Cuocere a 200° per circa 20 minuti quindi irrorare con il succo di arancia. Proseguire la cottura per altri 15/20 minuti, scoperchiando gli ultimi minuti per asciugare un pochino il sugo se necessario. Il colore giallo intenso del sugo è dato dalla curcuma, se non piace si può eliminare.



faraona speziata all'arancia-whb269

16 gennaio 2016

Pasta e fasul' per la Giornata Nazionale del Calendario del Cibo Italiano


Oggi il Calendario del Cibo Italiano celebra la Giornata Nazionale della Pasta e Fagioli: ce ne parla ampiamente Sabrina nel suo articolo di presentazione sul sito Aifb.


spollichini


Una ricetta tanto conosciuta e tanto amata non solo in Italia, ma in tutto il mondo: nonostante la fama nazionale, non ne esiste una ricetta unica, ogni regione rivendica la sua, ogni famiglia la propria versione con il proprio tocco personale.
Solo l'ingrediente principale resta invariato: i fagioli. Le diverse aggiunte sono molteplici, dai più svariati aromi, al pomodoro, al lardo, al prosciutto o alla pancetta, ognuno dà la sua impronta a un piatto così semplice e familiare.

Pasta e fasul', come dicono a Napoli.
E questa è una ricetta che viene proprio da laggiù, dal nostro caro amico Nicodemo che ha la fortuna di abitare in uno dei posti più belli del mondo: Positano. 
E' una semplice ricetta di casa, la faceva il suo babbo, chiamato il Capitano, che tanto si raccomandava di non usare quelle schifezze dei dadi, ma solo sale e pepe! 
Semplicissima nella sua esecuzione, esige però un fattore determinante che ne pregiudica la bontà: i fagioli devono essere rigorosamente freschi!
Quaggiù sono detti spollichini o spollecarielli, perché si acquistano ancora con il baccello e vengono sgranati poco prima di essere cotti. 
Sì, lo so, tanti dicono che è noioso pulire fagioli e piselli: a me piace, rilassa e dà soddisfazione. Poi ho anche insegnato ai miei due più piccoli (una volta, ora grandi anche loro) come si fa e spesso e volentieri mi faccio aiutare ... con le buone o le cattive! 
Quando è stagione e ne trovo al mercato, ne faccio gran scorta: li sgrano (li sgraniamo!) e poi li congelo, in modo da averli sempre pronti quando ci prende la voglia di coccolarci con questa zuppa.

Qualche anno fa, al ritorno da una mini vacanza nel nostro luogo del cuore (non a caso il mio primogenito è nato laggiù!), la mia valigia era più preziosa che mai: conteneva un sacchetto regalatoci da Nicodemo di spollichini doc, che sono subito finiti in pentola come faceva il suo babbo.


pasta e fasul'


Servono:

 un battuto di cipolla, carota e sedano
un pomodorino ciliegia per ogni porzione
fagioli freschi
olio extravergine di oliva
sale/pepe
pasta corta
acqua o brodo vegetale


Soffriggere il battuto di verdure in un po' di olio facendo attenzione che non bruci, in caso aggiungere un dito d'acqua.
Unire i fagioli e mescolare bene, aggiungere i pomodori e acqua o brodo fino a coprirli completamente, solo un paio di centimetri sopra, salare e pepare.
Cuocere sobollendo piano e coperto, finchè i fagioli sono teneri. Al bisogno aggiungere ancora un pochino di acqua.
Quando i fagioli sono pronti, buttare la pasta e cuocere per il tempo indicato.
Più densa (azzecculiat' come dicono a Napoli) o più liquida? Sta al proprio gusto, per averla più cremosa si possono schiacciare dei fagioli con un mestolo di legno contro le pareti della pentola prima di aggiungere la pasta.
Una grattatina fresca di pepe e una bella spolverata di grana e la pasta e fasul' è servita!

Interessante anche la versione all'Ischitana.
 

11 gennaio 2016

Il gattò di patate di Allan Bay per la GN del Calendario del Cibo Italiano


E così si è conclusa anche la Settimana degli Avanzi, la prima del nuovo Calendario del Cibo Italiano, ed è iniziata oggi la Settimana del Maiale: Corrado ci accoglie come Ambasciatore con questo divertente post in casa Aifb.

Anche le Giornate Nazionali si susseguono senza sosta, ed oggi si celebra la Giornata Nazionale del Gateau di Patate, ambasciatrice Maria di Palma.


gattò patate allan bay



Il gattò di patate è un piatto tipico della cucina partenopea, facile da preparare anche se magari un po' lunghetto per la prevista bollitura delle patate.
Il suo nome deriva dallo storpiamento del francese gateau (torta), da quando nel '700 vennero assunti alla corte dei Borboni e nei palazzi degli aristocratici compiacenti i cosidetti Monsieurs francesi, cuochi di  alto  rango, che influenzarono molto la  cucina dell'epoca.
E' un piatto ricco e sostanzioso, che la fa quasi da padrone in tavola, una fresca insalata sarà il suo giusto accompagnamento. E' preferibile servirlo appena fatto, ma tiepido; però il giorno dopo ripassare le fette in padelle in un pochino di burro/olio le renderà ancora più appetitose con tutta la crosticina intorno, e potrebbero anche diventare saporiti ed insoliti  crostoni per una zuppa di verdura.
Questa versione è del simpaticissimo Allan Bay, pubblicata qualche anno fa sul Corriere della Sera.


gattò patate allan bay


 Per 6/8 persone:

1,5 kg di patate
4 uova
100 g di prosciutto cotto tritato
75 g di grana grattugiato
75 g di pecorino grattugiato
100 g di mozzarella a fette
100 g di provola a fette
100 g di burro, più qualche ricciolo
un bicchiere di latte, se necessario
prezzemolo tritato
pane grattugiato
sale/pepe


- Lessare le patate (anche in acqua satura di sale come consiglia la mia amica Anto), sbucciarle e schiacciarle con lo schiacciapatate (non serve pelarle, la buccia resta magicamente nello schiacciapatate!).
- Unire i 100 g di burro e montare con una frusta per renderlo spumoso. Aggiungere quindi il grana,  il pecorino, il prosciutto, 4 tuorli e una manciata di prezzemolo. L'impasto non deve essere troppo compatto, se necessario aggiungere mezzo/un bicchiere di latte intiepidito (dipende molto dalla consistenza delle patate). Regolare di sale e pepe.
- Montare a neve 2 albumi ed unirli delicatamente al composto.


facendo gattò patate allan bay



- Imburrare una teglia (io ho usato lo stampo a ciambella, ma va benissimo anche una pirofila della forma che più piace) e spolverizzarla col pane grattato, versare metà del composto e livellarlo. Ricoprire con la mozzarella e la provola, quindi coprire con il composto rimanente.
- Livellare bene, cospargere di pane grattato e qualche fiocchetto di burro ed infornare a 200° per circa 40 minuti. Una volta uscito dal forno lasciarlo riposare 20/30 minuti e poi servire (altrimenti è troppo ustionante!).


gattò patate allan bay

10 gennaio 2016

Polvere di pomodoro per la Settimana degli Avanzi del Calendario del Cibo Italiano


Oggi si conclude la Settimana degli Avanzi, la prima in scaletta del Calendario del Cibo Italiano, di cui sono orgogliosamente l’Ambasciatrice.
Un tema molto attuale quello del recupero in cucina (anche se probabilmente la si è sempre perseguita d’istinto), soprattutto da quando si è diventati più sensibili alla parola spreco, in tutti gli ambiti, compreso quello culinario.
Ma c’è anche chi spavaldamente aborre la cucina degli avanzi, e dice di non averla mai presa in considerazione. Pura follia o genio incompreso?
Non c’è peccato senza peccatore, e ve lo racconto nel mio articolo sul Calendario del Cibo.


La mia proposta per concludere questa settimana del recupero è l'utilizzo di uno scarto che durante la stagione estiva viene prodotto in quantità, soprattutto per chi ama fare i pelati in casa o la salsa di pomodoro: sto parlando delle bucce di pomodoro.


polvere di pomodoro


Ne ho sempre buttate a quintalate, perchè ormai mi sono dedicata all'autoproduzione di pelati e conserva, facendone grandi scorte perchè sono anche un regalo gradito (unito magari ad un pacco di pasta di formato particolare).

Quest'anno ho voluto fare la polvere di pomodoro, seccando le bucce sulle retine dei tortelli al bel sole caldo di agosto. In due o tre giorni le bucce sono secche al punto giusto (ritirandole sempre in casa per la notte, non si sa mai chi può girare per il giardino).
Poi basterà frullarle un po' alla volta nel frullatore, fino ad ottenere la polvere.
Si conserva in un vaso di vetro a chiusura ermetica.
A piacere si può irrobustire con l'aggiunta di peperoncino in polvere.


bucce pomodoro secche


Può essere utilizzata sciolta nel burro o nell'olio della pasta in bianco, per aromatizzare scaloppine, verdure, pesce, nell'impasto delle tagliatelle, in quello di pani fantasiosi, degli gnocchi, per rafforzare un sugo ... altri suggerimenti? 

Cristina suggerisce aggiunta alla farina per un dolcetto o dei biscotti, sia dolci che salati. A me vengono in mente questi biscotti al mais, formaggio e senape, si potrebbe sostituire la senape con la polvere di pomodoro.


Il Calendario del Cibo Italiano è il nuovo grande progetto dell’Associazione Italiana Food Blogger, un grande contenitore mediatico che racconterà, giorno per giorno, le specialità gastronomiche, i personaggi che hanno fatto la storia della cultura alimentare e le ricette che fanno parte del nostro territorio e della nostra tradizione, tramandate di generazione in generazione.
Il percorso gastronomico intapreso si svilupperà in 366 Giornate Nazionali e 52 Settimane, ognuna dedicata ad un tema diverso. Ci saranno Ambasciatori differenti per ogni giornata e per ogni settimana a cui fare riferimento, che illustreranno in un post introduttivo, pubblicato sul sito dell’Associazione, il tema del giorno/settimana.




Il Calendario è rivolto a tutti i blogger, associati e non.

Partecipare è semplice: per le Giornate Nazionali, basterà pubblicare la propria ricetta nella giornata che si celebra, entro la mezzanotte, lasciando il proprio link nei commenti all’articolo dedicato sul sito Aifb. Per le settimane, invece, si ha più tempo a disposizione e volendo/potendo si possono pubblicare più ricette, ma non più di una al giorno, sempre poi lasciando il proprio link nei commenti all’articolo dedicato sul sito Aifb.
Se si volesse pubblicare la propria ricetta in contemporanea all'uscita dell'articolo di presentazione sul sito Aifb (che ricordo esce alle 9 di ogni giorno per le Giornate Nazionali e alle 14.30 di ogni lunedì per le settimane), bisognerà programmare la ricetta sul proprio blog, contattare l'Ambasciatrice referente d inviarle il relativo permalink almeno due giorni prima l'uscita dell'articolo sul sito Aifb.
Qui troverete l’elenco in continuo aggiornamento delle Giornate Nazionali e delle Settimane che si susseguiranno per potervi poi organizzare al meglio.

Nel proprio post si deve sempre fare riferimento al Calendario del Cibo Italiano e alla Giornata o Settimana che si vuole celebrare, linkando il relativo articolo apparso sul sito Aifb.

Gli hashtag che animeranno il web durante questa lunga kermesse sono #calendariodelciboitaliano #calendarioaifb #italianfoodcalendar – fatene buon uso!
Poi, a discrezione degli Ambasciatori, gli hashtag dedicati alle Giornate Nazionali e alle Settimane.

Ancora questa giornata per partecipare con una ricetta riciclosa, 

Avanzi che c’è posto per tutti i gusti!

 #avanzipertutti


 recuperiamo il recuperabile, 
che il 2016 inizi sotto il buon auspicio di meno sprechi e meno scarti!

 #settimanadegliavanzi #lacucinadegliavanzi

9 gennaio 2016

Bucchips per la Settimana degli Avanzi del Calendario del Cibo Italiano


E' la Settimana degli Avanzi, la prima in scaletta del Calendario del Cibo Italiano, e io ne sono orgogliosamente l’Ambasciatrice.
Un tema molto attuale quello del recupero in cucina (anche se probabilmente la si è sempre perseguita d’istinto), soprattutto da quando si è diventati più sensibili alla parola spreco, in tutti gli ambiti, compreso quello culinario.
Ma c’è anche chi spavaldamente aborre la cucina degli avanzi, e dice di non averla mai presa in considerazione. Pura follia o genio incompreso?
Non c’è peccato senza peccatore, e ve lo racconto nel mio articolo sul Calendario del Cibo.



bucchips-bucce fritte



Questa non è propriamente una ricetta, ma un riciclo bello e buono, della serie non si butta nulla.
Le bucce di patata e quelle della zucca verde mantovana o di Chioggia sono edibili.
Ovviamente prima di sbucciare gli ortaggi, vanno lavati con cura per eliminare ogni traccia di terra ed asciugati.
Basterà poi tagliare le bucce a fiammifero e friggerle pochi minuti in olio di semi di arachide o extravergine di oliva bollente. Non serve passarle nella farina prima della frittura.
E voilà, simpatiche chips per l'aperitivo.


Il Calendario del Cibo Italiano è il nuovo grande progetto dell’Associazione Italiana Food Blogger, un grande contenitore mediatico che racconterà, giorno per giorno, le specialità gastronomiche, i personaggi che hanno fatto la storia della cultura alimentare e le ricette che fanno parte del nostro territorio e della nostra tradizione, tramandate di generazione in generazione.
Il percorso gastronomico intapreso si svilupperà in 366 Giornate Nazionali e 52 Settimane, ognuna dedicata ad un tema diverso. Ci saranno Ambasciatori differenti per ogni giornata e per ogni settimana a cui fare riferimento, che illustreranno in un post introduttivo, pubblicato sul sito dell’Associazione, il tema del giorno/settimana.





Il Calendario è rivolto a tutti i blogger, associati e non.

Partecipare è semplice: per le Giornate Nazionali, basterà pubblicare la propria ricetta nella giornata che si celebra, entro la mezzanotte, lasciando il proprio link nei commenti all’articolo dedicato sul sito Aifb. Per le settimane, invece, si ha più tempo a disposizione e volendo/potendo si possono pubblicare più ricette, ma non più di una al giorno, sempre poi lasciando il proprio link nei commenti all’articolo dedicato sul sito Aifb.
Se si volesse pubblicare la propria ricetta in contemporanea all'uscita dell'articolo di presentazione sul sito Aifb (che ricordo esce alle 9 di ogni giorno per le Giornate Nazionali e alle 14.30 di ogni lunedì per le settimane), bisognerà programmare la ricetta sul proprio blog, contattare l'Ambasciatrice referente d inviarle il relativo permalink almeno due giorni prima l'uscita dell'articolo sul sito Aifb.
Qui troverete l’elenco in continuo aggiornamento delle Giornate Nazionali e delle Settimane che si susseguiranno per potervi poi organizzare al meglio.

Nel proprio post si deve sempre fare riferimento al Calendario del Cibo Italiano e alla Giornata o Settimana che si vuole celebrare, linkando il relativo articolo apparso sul sito Aifb.

Gli hashtag che animeranno il web durante questa lunga kermesse sono #calendariodelciboitaliano #calendarioaifb #italianfoodcalendar – fatene buon uso!
Poi, a discrezione degli Ambasciatori, gli hashtag dedicati alle Giornate Nazionali e alle Settimane.


E per questa settimana, fino alla mezzanotte del 10 gennaio 2016,

Avanzi che c’è posto per tutti i gusti!

 #avanzipertutti


Vi aspetto numerosi e fantasiosi, recuperiamo il recuperabile, che il 2016 inizi sotto il buon auspicio di meno sprechi e meno scarti!

 #settimanadegliavanzi #lacucinadegliavanzi 

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